sabato 21 ottobre 2023

DALLA PARTE DEI PALESTINESI




Grisolia, Mortara, Spigola, Zasso 
Per un’Opposizione di Classe in Cgil
Le Radici del Sindacato 





Esprimiamo la nostra solidarietà e manifestiamo la nostra scelta di campo, in questo momento di attacco così violento con possibili tragiche conseguenze, per il popolo palestinese, pur in netta opposizione politica all’islamismo reazionario di Hamas e condannando l’uccisione di civili non armati.

Da sabato 7 ottobre siamo sommersi per 24 ore al giorno dalle foto di cadaveri israeliani, immagini di disperazione e raccapriccianti, cronache piene di dolore e di paura per le morti provocate e per quelle probabili.

Siamo inorriditi, ma sentiamo anche un impeto di rabbia nel vedere onorato ed esaltato un ufficiale israeliano che si lamenta di morti civili.

È innanzitutto doveroso interrogarsi sulle cause di questo conflitto, uscendo dalle ipocrisie di chi fa finta di credere che questa guerra sia iniziata sabato 7 ottobre e che tutto sia spiegabile con giudizi di disumanizzazione del nemico. La versione sionista israeliana secondo cui un criminale come Netanyahu vorrebbe rifarsi un’immagine con la eliminazione e la scomparsa del popolo palestinese, risponde a un progetto politico reazionario e fascista, che ha caratteristiche anche personali e soggettive.

L’anno zero della guerra risale al 1948. È l’anno della Nackba, del massacro e della catastrofe, per il popolo Palestinese. Furono espropriate in modo dittatoriale le terre della Palestina, con azioni sanguinose dell’esercito israeliano su una popolazione inerme e con le prime manifestazioni di terrorismo sionista.

Le terre erano state consegnate agli ebrei dalle potenze imperialistiche, come riparazione dell’olocausto e dello sterminio nazista. La Palestina fu divisa grosso modo in due, con le terre migliori agli israeliani. Inoltre nella zona di Israele c’erano grosso modo metà ebrei e meta arabi, nella parte araba invece erano quasi tutti arabi.

Quelle terre sono state tolte con la forza agli abitanti originari ed è stato azzerato il diritto ad esistere sulla propria terra al popolo palestinese, a cui rimaneva solo un futuro di profughi, con più di 5 milioni di senza tetto. Su quella terra i palestinesi di ogni religione, mussulmani, ebrei, cristiani avevano vissuto da secoli nel rispetto dell’altrui identità. La Nackba ha segnato tutti i palestinesi ed essa è stata marchiata perennemente nelle loro carni. All’istituendo Stato di Israele è stato concesso tutto ed ogni azione è stata giustificata in base a un presunto “diritto a difendersi”.

La “legalità internazionale”, le risoluzioni dell’ONU non sono mai state rispettate o messe in atto, se non quando tornavano a vantaggio di Israele. Anche in questi giorni l’ONU ha intimato, senza risultato, a Israele di non procedere ad un assedio di Gaza, che si configura come un “crimine contro l’umanità”.

È tragicamente ridicolo sentire queste dichiarazioni perché Israele e USA hanno sempre usato la “legalità internazionale” solo a loro uso e consumo.

L’ “Occidente democratico”, quando ha preteso di “esportare la democrazia” in Afghanistan, in Somalia, in Iraq, in Libia, ecc. – ha scatenato guerre di sterminio contro quei Paesi che ha deciso di considerare “stati canaglia”. Ma il popolo palestinese si è sempre ribellato a questa imposizione politica.

I palestinesi e le palestinesi che oggi si ribellano, discendono da quella Nackba che è stata imposizione violenta dello Stato di Israele in Palestina. I palestinesi di Gaza, come quelli di ogni più piccola parte del territorio palestinese, sono figli e figlie, madri e padri dei circa 3.500 morti che ci sono stati in quella terra; sono familiari di quei bambini e adulti dai corpi dilaniati e mutilati nella strage di Chabra e Chatila del 1982.

I Palestinesi sono figli e nipoti, sorelle e fratelli delle migliaia di morti, vittime civili dell’operazione “Piombo fuso”, avvenuta tra il 2008 e 2009. Sono stati 21 giorni durante i quali il governo israeliano ha scatenato un feroce bombardamento su Gaza, che ha seppellito migliaia di morti sotto le macerie e distrutto ospedali, scuole, edifici pubblici.

Questo crimine è stato considerato “diritto a difendersi di Israele”, espressione che copre il suo esatto opposto: il diritto dello stato sionista di attaccare e conquistare tutta la Palestina, come la cartina geografica mostra in maniera inoppugnabile.

Per Chabra e Chatila, per Piombo Fuso nessuno ha mai fatto vedere centinaia di bambini palestinesi straziati dalle bombe sioniste.

Un muro di separazione etnica, che gli abitanti devono superare ogni giorno, ha chiuso i Palestinesi in una sorta di Apartheid. Devono chiedere ai soldati dei check point il permesso per poter andare a lavorare.

Vivono un’esistenza umiliata e dipendono da un militare, per potere andare a lavorare. Sopravvivono con difficoltà e un militare decide se possono utilizzare o meno un’autoambulanza quando sono malati e questo vale per le donne quando devono partorire con urgenza.

Quasi 2 milioni e mezzo di palestinesi che vivono a Gaza dipendono dalle misure con cui Israele decide di stringere il capestro, sia per l’assedio di Gaza, che per il buio completo, come sta avvenendo in questi ultimi giorni. Gaza è stata definita una prigione, un lager a cielo aperto. È un contenitore dell’Apartheid che divide famiglie, disgiunge e distrugge esistenze.

Oggi i Palestinesi hanno ben presenti i 5.300 prigionieri palestinesi che sono rinchiusi nelle carceri israeliane. Non si scordano dei 1.260 prigionieri detenuti per anni in celle disumane. Senza accusa né processo, con “detenzione amministrativa”. Gli stessi Palestinesi hanno visto la morte in carcere di un loro compagno dopo 87 giorni di sciopero della fame, contro la detenzione amministrativa.

Vengono arrestati e accusati per “incitamento alla violenza” solo perché visitano le famiglie dei prigionieri palestinesi o perché prendono parte ai funerali dei Palestinesi uccisi dalle forze israeliane.

Per Amnesty International la “morte in carcere dei Palestinesi” è il prezzo mortale che i Palestinesi pagano quando sfidano il sistema israeliano.

Il 79% dei bambini palestinesi di Gaza soffrono di enuresi notturna, per aver assistito alla violenza subita dai loro famigliari, o per avere visto bambini trattati brutalmente se non assassinati dall’esercito occupante.

Tutto questo accade perché si ritengono “gli altri” esseri di razza inferiore.

I Palestinesi vengono ridotti alla fame nei territori occupati privati del diritto alla vita per la mancanza di salari per il cibo e di cure per le malattie. Sono stati sempre i Palestinesi ad assistere all’assassinio a freddo della giornalista di Al Jazeera Shireen Abu Akleh, perché testimone dell’aggressione dell’esercito israeliano nei confronti di chi si opponeva all’esproprio di un intero quartiere per consegnarlo a nuove famiglie israeliane.

I Palestinesi sono i familiari dei 220 Palestinesi assassinati in quest’ultimo anno da esercito o coloni, che hanno bruciato uliveti ed attaccato le loro case in Cisgiordania.

Colonizzazione, suprematismo, razzismo, violenza e pulizia etnica sono presenti nella politica israeliana.

Lo Stato d’Isreale è stato perfino trasformato in Stato Ebraico stabilendo per legge un presupposto per la discriminazione su base religiosa, e Gerusalemme è stata dichiarata capitale dello Stato Ebraico.

Ma Gerusalemme è riconosciuta come elemento fondante delle 3 religioni Cristiana, Musulmana, Ebraica.

Quella legge ha minato la convivenza tra le tre religioni e ha causato il disprezzo sionista e l’umiliazione musulmana sulla spianata delle Moschee, provocando scontri sulla spianata sacra e introducendo le armi fin dentro la moschea contro i fedeli. La provocazione è stata chiarissima.

Bisogna chiedersi allora: chi vuole la guerra e chi ha la volontà di provocare una radicalizzazione dello scontro su base etnica e religiosa. È indubbiamente un obiettivo del sionismo soffiare sulla radicalizzazione religiosa e fare diventare lo scontro politico e militare uno scontro di civiltà. Questo obiettivo del sionismo sta dando i suoi frutti dal punto di vista del compattamento ideologico dei paesi servi, come l’Italia, con l’imperialismo USA, ecc.

La radicalizzazione religiosa è sempre stata una strategia sionista, per combattere e sostituire la forte identità laica e progressista palestinese con una crescente identità religiosa, (una sorta di ideologizzazione sionista dell’originaria identità laica, progressista palestinese) come elemento unificante della popolazione.

Il risultato è che ora l’A.N.P. (autorità nazionale palestinese) è stata sempre più interessata alla gestione clientelare del potere e dei finanziamenti USA e israeliani e non ha svolto un ruolo di forte opposizione nei confronti degli USA lasciando troppo spazio al suo espansionismo imperialistico e a quello di Israele, invece che combattere la continua repressione del proprio popolo.

Il governo israeliano teorizza il suprematismo ebraico sulle altre popolazioni, e insieme vede negata l’esistenza dei Palestinesi e quella identità come popolo. Il ministro delle Finanze israeliano, appartenente alla destra religiosa ha detto: “i palestinesi non esistono”, sono “un’invenzione di meno di 100 anni fa”. “Non esistono i palestinesi perché non esiste un popolo palestinese”.

Enorme è stata la sofferenza, l’umiliazione, la tortura di quel popolo per 75 anni.

Il sionismo aspira a una grande Israele che scacci ogni popolazione diversa da tutta l’area.

Domandiamo allora: i palestinesi provocano forse commozione e solidarietà solo quando sono cadaveri e vite spezzate dall’offensiva israeliana? Come è possibile non solidarizzare con loro anche quando si ribellano? Come si fa a non comprendere ed anzi affermare con decisione che l’iniziativa militare partita da Gaza è una guerra disperata ma di liberazione? Senza il martirio quotidiano del popolo palestinese, nessun media farebbe ricordare alle coscienze perbeniste i crimini che i palestinesi sono costretti a subire.

In concomitanza con la prima ondata di violenza terroristica sionista, a 75 anni dalla Nackba, va continuata la denuncia che la strategia sionista di aggressione e di occupazione territoriale è fondata sulla teoria razzista del “suprematismo sionista”, che genera la discriminazione e l’annientamento e rischia di portare al genocidio del popolo palestinese.

Quella odierna è una risposta a questa occupazione militare. Il diritto all’esistenza del popolo palestinese, che nessuno riconosce contro l’occupazione militare sionista, è una situazione tragica ma oggettiva, perché si fonda su un’ingiustizia che dura da 75 anni ed è una questione che rimane irrisolta.

E noi dobbiamo scegliere, e fare soprattutto scegliere agli altri, da che parte stare.

L’equiparazione tra antisemitismo e antisionismo oggi di moda per chi denuncia i crimini d’Israele, è da giudicare risibile e insultante, poiché noi ci collochiamo dalla parte di un popolo che vuole rompere le catene dell’occupazione. In Italia è tanto più ridicola perché la borghesia che sotto il fascismo ha sterminato milioni ebrei, è oggi apparentemente in prima fila per la loro difesa. In realtà oggi come allora non le interessa niente altro che i suoi profitti in quell’avamposto dei vari imperialismi tra cui il suo.

Antirazzismo, antifascismo e antimperialismo sono insopprimibili dal nostro codice genetico.

Tutti vorremmo la pace, ma non si può fare la pax israeliana che vuol dire solo ritorno ad una situazione di occupazione immutabile, in cui la vittima deve rimanere tale perché se si ribella diventa terrorista.

Anche in questo caso esistono una ragione e un torto che vanno disvelati, riconosciuti e praticati.

La ragione sta dalla parte di chi si è visto rapinare della propria terra e del proprio diritto ad esistere in contrasto col piano strategico del genocidio sionista. I Palestinesi vogliono la pace, sacrificando anche la vita per essa. Ma pace vuol dire PACE VERA, riconoscimento di diritti, diritto al ritorno dei profughi, cessazione dell’occupazione militare, non solo promesse e inutili “accordi di pace”.

Le mappe della Palestina mostrano il tragico evolversi dell’espansionismo sionista dal 1946 in poi. Chiediamo: sarebbe forse pace quella che risulta dall’aumento dell’espansionismo sionista? Per il popolo palestinese non è forse giusto e logico ribellarsi?

Gli USA portano le loro portaerei davanti alle coste di Gaza per proteggere il loro alleato sionista in funzione anti-iraniana. Il popolo palestinese viene ridotto a una pedina da inserire nello scacchiere di guerra per il dominio geo-politico nel medio oriente.

Per sbloccare la situazione ed evitare il massacro e il genocidio a Gaza e per calmare la rabbia dei palestinesi, taluni fanno ricorso alla teoria di 2 popoli in 2 stati.

Domandiamo: ma solo la striscia di Gaza e il territorio risultante dalla continua rapina colonialista di nuovi territori da parte dei sionisti in Cisgiordania, potrebbe costituire un ipotetico stato palestinese?

Potrebbe essere forse questa una proposta accettabile per il popolo palestinese?

Per chi vuole veramente la Pace l’unica soluzione possibile è quella di porsi un obiettivo di lunga durata da raggiungere con desiderio di giustizia perché senza questa non ci potrà essere pace.

Bisogna eliminare l’occupazione militare sionista facendo tornare i profughi in Palestina, nella quale si ritorni a una convivenza tra tutti i popoli con le diverse fedi religiose.

Senza questo progetto di giustizia e di pace non si potrà raggiungere una pace vera.

A meno di non procedere ad un genocidio del popolo palestinese. Noi non facciamo appello alle organizzazioni internazionali della borghesia, ma ai i proletari palestinesi e israeliani perché si uniscano nella comune lotta per un unico stato socialista, che l’unica reale soluzione anche se difficile. Crediamo sia sbagliato l’appello della portavoce nostra alle forze borghesi, perché non è un appello classista. Pensiamo anche che i compagni del Pdac di Rds che più o meno son vicini alle nostre posizioni hanno peccato di centralismo burocratico uscendo da soli con un comunicato che si poteva fare assieme.

Basta con il concetto legittimo di autodeterminazione e di legittima difesa che viene fatto valere solo per l’imperialismo USA e i suoi amici.

Per questo noi siamo dalla parte del popolo palestinese e della sua lotta di liberazione, per il suo diritto all’esistenza, per la sua resistenza e la sua autodeterminazione.

Siamo con la Palestina che resiste! Con il popolo Gazawi che resiste!






20 ottobre 2023












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