lunedì 4 settembre 2023

Unirsi oggi per opporsi meglio domani



documento politico assemblea 27 Aprile
Firmatari: Franco Grisolia, Lorenzo Mortara
Gennaro Spigola Achille Zasso

L’assemblea dei firmatari del Documento congressuale Cgil, Le Radici del sindacato, si svolge in un contesto europeo di fermento e mobilitazioni. Dalla Francia, alla Germania all’Inghilterra e oltre, e la classe operaia è in subbuglio per salari, pensioni e diritti. In Italia, Landini e la Cgil, dopo aver invitato la neofascista Meloni al Congresso per un patetico confronto, non propongono altro che una tripla, innocua manifestazione burocratica con Cisl e Uil per i sabati 6-13-20 maggio.

Un’opposizione interna alla Cgil a questa linea subalterna a governo e sindacati apertamente filo padronali, è ovvia e fuori discussione e mai così urgente come oggi.

Opposizione e non minoranza, per usare i termini attuali dello statuto CGIL. Perché la distinzione tra le posizioni classiste e quelle dell’attuale maggioranza della CGIL, Landini in testa, non è mai stata così grande. Di tutti i sindacati europei quelli italiani sono oggi quelli più capitolardi. Non per magnificare ad esempio i sindacati francesi, che hanno (come del resto nel lontano 1968) rifiutato di proclamare lo sciopero generale, lasciando che ogni azienda (o al massimo in alcuni casi settore) decidesse autonomamente volta per volta, anche nelle giornate di “mobilitazione”, se scioperare o meno e per quante ore. Ma almeno “fanno la voce grossa” e cercano, pur contenendo il movimento, di ottenere un qualche risultato.

Da noi ad una sfacciata demagogia imbrogliona di Landini corrisponde il vuoto assoluto di azione e di programma reale, nonché di democrazia.

Per questo noi, che non ci opponiamo alla unificazione delle nostre aree, dichiariamo che essa sarà positiva solo se ci sarà questo salto.

Senza voler fare della autocritica, in salsa maoista, al centro della nostra discussione, un bilancio va tratto, almeno a linee generali. Democrazia e Lavoro ha fatto parte della maggioranza burocratica fin al penultimo congresso, dove lo schierarsi con la cricca perdente l’ha lasciata con le ossa rotte. Ma la stessa Riconquistiamo Tutto negli ultimi anni, invece di radicalizzare la sua politica, l’ha moderata sia nella forma, sia nella sostanza, a partire dalla scarsa o nulla denuncia dei brogli congressuali, al rifiuto di sviluppare un programma di obbiettivi transitori, all’astensione di valore storico (in riferimento ovviamente alla modestia delle nostre forze) rispetto al programma di Landini subito dopo il 18° congresso della CGIL.

A questo si è aggiunta una degenerazione dei caratteri democratici dell’area, con la centralizzazione verticistica verso chi si denominava portavoce ed agiva invece come una specie di Segretaria Generale.

La maggior parte di noi viene da esperienze più o meno lontane come Democrazia Consiliare, Alternativa Sindacale, Rete 28 Aprile, Il sindacato è un'altra cosa che erano, con mille limiti o insufficienze, correnti classiste. Si tratta di andare avanti su quel terreno, anche di fronte al già ricordato processo di ulteriore involuzione della CGIL, e non di tornare indietro.

Tale politica non è riuscita, al contrario, ad allargare la base dell’area di opposizione. Finora un simile bilancio non ci sembra sia stato fatto a nessun livello, sicché fino a questo momento non abbiamo un quadro esaustivo e neppure approssimativo dell’esatta consistenza della nostra area su tutto il territorio del Paese. L’analisi del gruppo dirigente di RT è stata alquanto reticente.

Per ora sappiamo solo che dei 32000 voti del secondo documento, 16000 sono ascrivibili a Riconquistiamo tutto (RT), 13000 a Democrazia & Lavoro (DL), e 3000 a Le Giornate di marzo (GM).

Anche prendendo per buoni questi dati (le GM millantano infatti 5000 voti) il risultato ci pare negativo, specialmente per la principale area sostenitrice del documento, RT. Nel giro di due congressi RT è passata da 42000 a 16000 voti, perdendo il 60-70% dei consensi, e ben il 43% solo in questo congresso. Se nella percentuale finale (2,41%), questa debacle appare di meno è perché l’astensione degli iscritti dalla partecipazione alle assemblee congressuali è aumentata, garantendo così a RT di galleggiare nell’indifferenza e nell’apatia generale della classe.

Non si può addebitare il tracollo solo alla situazione oggettiva che pure ha pesato e continua a pesare sull’estrema sinistra tutta. Senza pensare che una politica diversa da quella portata avanti dalla portavoce nazionale e dall’esecutivo di RT avrebbe potuto, nel quadro dell’attuale contesto, stravolgere a positivo il risultato congressuale. Certamente una maggiore visibilità e radicalità in termini di reale opposizione di classe di RT (e anche di GM e DL, quest’ultima una volta rotto con la maggiorana della Confederazione) avrebbe potuto ottenere l’aggregazione e l’impegno di un maggior numero di attivist@ e aumentare i voti ottenuti.

Inoltre nel congresso divers@ compagn@ di RT si sono sentiti contrastati, attaccati e isolati in varie regioni e territori dell’Italia, solo perché avevano usato lo strumento della “critica” e del “dissenso” verso il modus operandi dell’esecutivo e contro la scarsa democrazia interna di RT. Questo modo di operare ha anche finito con l’allontanare vari compagni e compagne dalla nostra area, soprattutto verso il disimpegno dal congresso. D’altra parte le nuove entrate che la portavoce di RT ha sempre millantato, o non ci sono state, o sono state del tutto inadeguate per affrontare l’emorragia.

Nemmeno ha giovato puntare sul simbolo della lotta alla GKN che obbiettivamente, per ragioni anche comprensibili, si è sostanzialmente sfilata dal congresso.

Inoltre, nessun bilancio è stato tratto del fallimento dei rapporti con varie situazioni. In primis quello con il gruppo della Piaggio, oggi passato al SinCobas, coperto dalla portavoce di RT nel suo grave comportamento antidemocratico contro gli altri compagni della Toscana, di Pisa e di Lucca, in primo luogo della Fiom. Né rispetto alla decantata adesione del tutto strumentale della destra della Filcams (filorenziana!) a Torino, ritornata all’ovile pressoché in blocco un momento prima del congresso.

Per ripartire bisogna cambiare passo. Finora il baricentro della minoranza congressuale è stato tutto incentrato sulla sola possibilità di presentare il documento alternativo ogni quattro anni e sulla sopravvivenza dei gruppi dirigenti.

Non vorremmo che oggi tutto questo si ripetesse.

Come detto noi non avanziamo pregiudiziali verso l’attuale unificazione, però ribadiamo con fermezza che vanno fatte tenendo conto della nostra imprescindibile collocazione all’opposizione alla linea politica della maggioranza landiniana.

Un’opposizione vera che non faccia sconti, che voti contrario e presenti documenti alternativi nelle assemblee generali, cercando di farli conoscere il più largamente possibile, e non si astenga sulla base di semplici chiacchiere, o perché la maggioranza, al posto del consueto immobilismo, va in piazza a ravvivarsi le piume col solito sciopericchio fuori tempo massimo e senza una piattaforma di lotta (le due facce della stessa medaglia di subalternità della Cgil a padroni e governi).

Un’alleanza deve favorire lo sviluppo di una battaglia aperta e il più pubblica possibile, contribuendo ad acutizzare, se e dove possibile il conflitto sociale; se serve solo a preservare posti e a presentare documenti di minoranza ogni quattro anni, non costruisce niente di positivo per la nostra classe.

Se il fine è entrare nelle segreterie, non ci deve interessare. Non escludiamo a priori, in qualche situazione eccezionale nemmeno questo, ma qualunque cosa si approvi in Cgil, un documento, un segretario, o un ingresso in segreterie, deve essere finalizzato alla crescita della opposizione classista, per quanto poco possiamo contribuire, e alla lotta di classe di questo paese e su scala internazionale.

La frammentazione sindacale cui assistiamo nel mondo del lavoro è il risultato di decenni di sconfitte e della mancanza di una direzione politico-sindacale riconosciuta dalla classe dei lavoratori.

Il compito di una ricostruzione di una avanguardia di massa passa anche oggi, come negli anni 70, attraverso la unificazione e il coordinamento democratico dei lavoratori, delle donne e dei giovani del nostro Paese.

Per questo dobbiamo rivendicare con forza la convocazione di una vera assemblea nazionale di delegat@ elett@ sui luoghi di lavoro, che discuta una vera piattaforma di rivendicazioni e determini le forme di lotta.

Bisogna centralizzare, unificare, coordinare le lotte: e questo in sintesi è il programma di intervento a cui dobbiamo puntare, nella prospettiva della costruzione di una società senza classi e senza sfruttatori; basata sulla solidarietà internazionalista.

I princìpi e gli obiettivi a cui ci dobbiamo richiamare sono quelli storici del movimento dei lavoratori:

- opposizione alle classi dominanti e ai loro governi;

- costruzione e sostegno di un governo dei lavoratori con un programma rivoluzionario di riorganizzazione della società, su basi socialiste;

- ricostruzione di un sindacato di classe attraverso la promozione di organismi di lotta dal basso;

- collegamento degli obiettivi di lotta immediati ad una prospettiva rivoluzionaria generale, legando anche le più elementari rivendicazioni sindacali ad un progetto più ampio di trasformazione sociale;

- è necessario un massiccio piano di investimenti su personale, strutture, tecnologie che mirino a un’ampia stabilizzazione dei lavoratori precari.

Per reperire i fondi necessari ad un aumento consistente delle pensioni, al miglioramento dei servizi di pubblica utilità (sanità, assistenza, scuola) è necessario imporre una patrimoniale straordinaria del 10% sul 10% dei patrimoni più ricchi e l’annullamento degli interessi sul debito pubblico (70 miliardi all’anno) verso le banche.

Nelle lotte delle lavoratrici e dei lavoratori la Cgil dovrebbe oggi portare le seguenti rivendicazioni:

- aumento salariale di 300 euro netti mensili, per portare gli stipendi e i salari dei lavoratori e delle lavoratrici in linea con la media degli altri paesi europei;

- un grande piano di lavori pubblici che metta in sicurezza il patrimonio storico, artistico, ambientale del nostro Paese;

- internalizzare tutti i lavoratori nelle c.d. cooperative di servizio, lavoratori per lo più giovani e donne ampiamente sfruttati con bassi salari;

- No all’autonomia differenziata e abolizione dell’alternanza scuola-lavoro;

- cancellazione di tutte le leggi di precarizzazione del lavoro, a partire dalla “Treu”, passando per la “Biagi”, per arrivare al Jobs act (a pari lavoro, pari diritti);

- eliminazione di tutti gli abusi e le discriminazioni di genere nei luoghi di lavoro;

- il lavoro che c’è va ripartito fra tutti, attraverso una drastica riduzione dell’orario a parità di salario (30/32 ore pagate 40);

- introduzione di un salario minimo intercategoriale di 1500 euro;

- abolizione della legge Fornero. Diritto di pensionamento a 60 anni o dopo 35 anni di lavoro col sistema di calcolo retributivo;

- tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro sotto controllo di chi vi lavora;

- raddoppio dell’investimento nella sanità pubblica, con l’esproprio senza indennizzo di quella privata e un vasto piano di assunzioni a tempo indeterminato, al fine di poter ricostruire la Medicina territoriale;

- per rendere possibile questa rivendicazione è necessario che venga cassata la legge del numero chiuso in tutte le facoltà mediche;

- coordinamento nazionale e costruzione di una assemblea nazionale di delegati/e per decidere il percorso di lotta e unificare le vertenze e le lotte frammentate!

- costituzione di casse di resistenza per sostenere le lotte!


È fondamentale che la Cgil intervenga a sostegno delle mobilitazioni femminili e di ogni soggettività di genere in ogni luogo di lavoro e territorio e in appoggio alle lotte femminili e di genere a livello internazionale.

Consapevoli che solo una mobilitazione generale che unifichi tutti i settori del lavoro – pubblico e privato – e degli studenti, può mandare a casa questo ennesimo governo nemico di chi lavora.

Solo un governo delle lavoratrici e dei lavoratori potrà soddisfare gli interessi della classe lavoratrice e delle masse popolari!

Se questo deve essere, in linea generale il programma su cui deve basarsi oggi la nostra come area di opposizione in CGIL, centrale è anche che essa possa costituirsi sulla base di una vera democrazia. Il suo coordinamento deve quindi comprendere tutti i/le compagne che hanno incarichi nazionali (assemblea generale e organismi collaterali) più una rappresentanza delle diverse categorie e regioni in base non al numero dei dirigenti di esse (che può far sì ad es. che una regione piccola con poche centinaia di voti per la minoranza abbia più membri nella assemblea generale che una grande in cui noi abbiamo preso migliaia di voti), ma proporzionalmente ai voti da noi ricevuti.

L’esecutivo deve comprendere i dirigenti nazionali, ma anche, se non già presenti, delle “sensibilità” (usiamo il termine statutario della CGIL) interne.

Al vertice non serve arroccarsi nemmeno sul ruolo del/la portavoce (che, come visto nell’esperienza degli ultimi anni in RT, può rischiare di trasformarsi in una sorta di presidenzialismo antidemocratico).

Per questo dobbiamo nominare una sorta di gruppo operativo centrale in cui il ruolo di portavoce venga assunto a rotazione. Dobbiamo insomma sviluppare una maggiore democrazia, una discussione più approfondita tra i compagni e le compagne che tuteli e favorisca tutti i punti di vista e tutti i pluralismi.

Contrastando, in nome di una reale indipendenza sindacale come era in origine nella vecchia Rete28Aprile, l’utilizzo settario delle cordate esplicitamente o implicitamente partitiche, come è successo in RT proprio da parte di chi accusava falsamente i “dissidenti” di costituire un’area di partito.

Alle minoranze va concesso al pari degli altri l’uso del sito perché le idee circolino.

Fatti questi passi preliminari la nuova area potrà procedere con un’assemblea che vari una piattaforma definitiva che sarà l’asse su cui la nuova opposizione darà battaglia alla maggioranza

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